Il Volontariato moderno
s'interroga
Emerso
in un convegno a Roma il valore umano del dono
gratuito
e solidale del proprio tempo
Negli
ultimi anni si è assistito una significativa evoluzione e ad uno sviluppo
quantitativo/qualitativo del non profit, soprattutto delle realtà
imprenditoriali e di gestione, in un quadro che però più in generale vede
anche l'allargamento dell'area di intervento del mercato nel mondo dei servizi
soprattutto sociali e sanitari, ma anche culturali, ambientali, artistici,
sportivi, con una conseguente crescita d'attenzione alla concorrenzialità alla
libertà di scelta, alta managerialità, e quindi anche una crescila della
parcellizzazione dei servizi in prestazioni, della professionalizzazione e della
specializzazione.
Inevitabilmente
questo spinge anche nel noti profit a concentrare l'attenzione più sulla
quantità che sulla qualità dei servizi erogati, rischiando di oscurare quelle
finalità di equità e socialità, quella maniera di essere espressione della
comunità propria dei Terzo settore, che ne caratterizza natura e identità.
Dai
mutamenti in atto nel volontariato e nel non profit emerge la necessità di
ragionare sull'identità del volontariato oggi, partendo dalle sue radici, dalla
sua storia, per collocarlo correttamente, nel nuovo scenario sociale, culturale,
economico, istituzionale. In questo senso sono ancora dirimenti le parole della
sentenza della Corte Costituzionale 75192 che afferma che %l volontariato
costituisce un modo di essere della persona nell'ambito dei rapporti sociali o,
detto altrimenti, un paradigma dell'azione sociale riferibile a singoli
individui ad associazioni di più individui."
Si
tratta di rileggere "dove" e "com'è'' oggi, l'identità del
volontariato, il modo di essere dei volontari e dell'organizzazione di
volontariato si colloca, si identifica, agisce, si relazione con le altre
componenti: il non profit imprenditoriale, le istituzioni, il profit. Si tratta
di ridefinire il significato e le caratteristiche principali del volontariato
che lo identificano.
Cosa
è il volontariato? Come è cambiato nel tempo? In che, direzione muove? Come si
colloca nei mutato scenario del welfare, moderno?
Tutte
domande emerse nel convegno organizzato dalla consulta del volontariato
"Quale identità e ruolo per il futuro dei volontariato "tenutosi a
Roma lo scorso 11 settembre cui i diversi relatori hanno dato risposte e spunti
per l'evolversi di un dibattito che vuole condurre, in conclusione, ad una
condivisa immagine dei volontariato italiano dal punto, di vista culturale,
legislativo e politico.
Innanzitutto
si è parlato della specificità e della peculiarità propria dei volontariato
che, per quanti cambiamenti possano esserci della società e nelle forme
organizzative, noti si dovrà mai perdere.
Il
concetto base su cui si fonda il volontariato è quello della gratuità che il
Prof. Colozzi dell'Università di Bologna ha indicato come "condizione di
sopravvivenza della società moderna" Lungi dal significare una azione non
retribuita, la gratuità si distingue, secondo il Prof. Zamagni (Università di
Bologna), dalla semplice filantropia, per il suo carattere (la relazione, di
reciprocità: l'azione che caratterizza il filantropo è quella dei dono, il
filantropo lascia donazioni in denaro e non è in diretta relazione con chi
riceve; viceversa il volontario, nella sua azione gratuita, dona il tempo e
instaura uno stretto legame di reciprocità con il beneficiario della propria
azione. Nella
società
moderna si assiste ad un aumento delle donazioni in denaro che da un certo punto
di vista rappresentano un dato non positivo" ha spiegato ancora Zamagni:
"l'aumento delle donazioni in denaro presuppone l'aumento delle
disuguaglianze: la società si polarizza, aumenta la filantropia, ma diminuisce
la gratuità".
Per
chiarire meglio ruolo e posizione del volontariato nella società italiana il
Prof. Colozzi distingue tra organizzazioni di volontariato, nate dalla legge 266
dei 199 1, che "cambiano inevitabilmente al cambiare della società,
essendo per definizione adattive, cioè, al tempo stesso, influenzate e
influenti nei mutamenti", e, dall'altra parte, il volontariato tout court,
come forma di impegno personale, come scelta etica e come fondamento
imprescindibile della società moderna. In un sistema caratterizzato
dall'individualismo e dalla disgregazione, in una società come quella odierna
in cui il legame sociale è- dato dall'interesse, l'unico appiglio per
recuperare la dimensione comunitaria, solidaristica ed etica è rappresentato,
appunto, dal volontariato; per questo motivo si parla di volontariato come di un
fenomeno tipicamente moderno".
Altro
importante aspetto emerso nel corso dei convegno è quello inerente la
normativa: c'è una legge, la 266191, vista ormai come desueta, che necessita di
una riforma, a cui va però il merito di aver definito le organizzazioni di
volontariato e aver fatto nascere strumenti importanti come i Centri di
Servizio. "La 266 - ha spiegato il Prof. Cotturri dell'Università di Bari-
ha due facce: quella della sussidiarietà, fortemente presente anche se non
citata espressamente, e quella della regolamentazione". La sussidiarietà,
che con l'articolo 118 C. è diventato un principio costituzionale, è una
rivoluzione culturale e politica, come ha sottolineato lo stesso Cotturri
citando le parole di Tom Benetollo: Il principio di sussidiarietà rovescia i
meccanismi che conducono alla formazione della volontà politica il cui cuore
pulsante diventa la cittadinanza attiva" diceva nel suo ultimo intervento
pubblico il Presidente nazionale dell'Arci. Il legislatore deve dunque lasciare
ampio spazio all'autonomia (lei volontariato e deve allo stesso tempo
regolamentarne le forme. Questo talvolta dà luogo, specie a livello locale, ad
interpretazioni troppo restrittive delle leggi che inquadrano le organizzazioni
di volontariato in un sistema a canne d'organo limitandone, in questo senso,
l'autonomia e la creatività. La riforma della 266 dovrebbe garantire una
interpretazione più ampia che non leda le autonomie e le libere iniziative.
Nel
sistema moderno noti si può prescindere dal mettere a tema il problema delle
risorse: secondo Cotturri le risorse materiali devono essere un aspetto dei
diritto costituzionale della cittadinanza attiva e si deve riaprire il capitolo
del sostegno pubblico, senza creare dipendenze, incasellamenti e affiliazioni
politiche: le risorse devono essere indicate con trasparenza e assegnate alla
autogestione, riconoscendo l'autonomia dei volontariato.
Il
rischio in cui non si deve correre è quello di una riduzione dell'anima critica
dei volontariato che collabora sempre più e più strettamente con le
istituzioni pubbliche, ammonisce Minimo Luca: "la funzione sussidiaria non
può costringere al silenzio e alla possibilità di rappresentarsi, non può
oscurare la funzione critica, la funzione di diffusione dei valori".
Infine
si è parlato dell'aspetto delle reti di volontariato: dall'ultima indagine
della Fivol presentata da Renato Frisanco, responsabile del settore studi e
ricerca, così come dai dati recentemente presentatici da Nereo Zamaro
dell'Istat emerge una crescita dei settore che si attua soprattutto in
organizzazioni molto piccole. Di qui la necessità, che dovrebbe essere
garantita e sostenuta anche dal sistema normativo, di costituire reti per poter
superare problemi e adeguare la rappresentanza alle esigenze della società
moderna.
E
tra queste, la Consulta dei volontariato in primis "dovrà essere una sede
di elaborazione, di scambio di esperienze ed informazione, di approfondimento
dei problemi, di iniziative comuni. L'opera della Consulta all'interno dei
Forum, fa sì che il capitale sociale da esso rappresentato sia più ricco e
sviluppi la funzione di advocacy di tutto il Terzo Settore.
L'azione
volontaria e solidaristica è il tratto comune che lega diverse realtà dei
Terzo Settore stesso (volontariato, associazionismo, cooperazione sociale).
Senza il volontariato infatti il Terzo Settore rischia di scadere in una deriva
economicistica che non garantirebbe la qualità dei servizi necessari ai
cittadini." (dal documento programmatico della Consulta dei volontariato).